Necessità e obiettivi nel segno di Mou.
Cosa serve alla Roma? Nel 2020/21, la Roma ha avuto principalmente un problema difensivo, ma non dovuto nello specifico ai 3 difensori o ai terzini, anche se Bruno Peres aveva poca attitudine (e forse poca voglia) per fare la fase difensiva, ma nei 2 di centrocampo. Pellegrini (in primis), Cristante e Villar si sono dimostrati leggermente inadatti a riconquistare palla, anche perché il loro ruolo primitivo era il trequartista, mentre Veretout era troppo solo e spesso infortunato. Per questo quando abbiamo iniziato ad utilizzare Darboe, le sue prestazioni sono saltate all’occhio e hanno esaltato i tifosi. Dobbiamo assolutamente confermare il ragazzino, ma la sua personalità è in via di definizione e va trattato con moltissima delicatezza.
In questo quadro, l’acquisto di Xhaka, bravo non solo a rubare palla, ma anche dal buon passing game, sembra necessario. Allo stesso modo, ora che è partito Pau Lopez, è indispensabile prendere Rui Patricio. Il portoghese ha personalità per resistere alle critiche ed esperienza per gestire difesa, tempo e risultato. L’esperienza e la personalità sono molto importanti in una città come Roma con radio e social 24h in piena tempesta ormonale calcistica, anche proprio per il mestiere di parare i palloni.
Esperienza e personalità che mancano a Pickford, portiere dell’Inghilterra e avversario dell’Italia nella prossima finale dell’Europeo a Wembley. L’Inghilterra parte favorita perché gioca in casa, ha un ottimo pressing, grande condizione fisica (dobbiamo stare attenti più a Sterling che a Uragano), buona velocità, palleggio e spesso gioco verticale, ma l’Italia ha più qualità tecnica della Danimarca (sconfitta dagli inglesi in semifinale), capace di vincere col minimo scarto e favorita per un’eventuale lotteria dei rigori grazie al grande Gigio Donnarumma.
La Roma ricomincerà a sentire l’odore del napalm il 15 luglio e poi giocherà ogni 3 giorni. Le prime amichevoli sono con: Montecatini, Ternana, Triestina e il Debreceni di Adrian Mutu. Finalmente vedremo la Roma di Mourinho, personaggio troppo interessante per non parlarne.
Il grande condottiero ha trovato un avversario (al momento) più forte come Guardiola nella lotta per la Champions, diventata un sogno irraggiungibile ultimamente anche per il catalano (per qualsiasi sportivo ambizioso, la Champions è come l’anello per Gollum: il mio tessoro). Josè ha sempre cercato il confronto prima in Spagna (Real-Barça) e poi in Inghilterra (Man Utd e Tottenham-Man City). uscendo spesso sconfitto nel paragone diretto, ma continuando a portare a casa trofei, anche dopo la Primavera del 2017, ossia dopo la morte di Felix Mourinho, suo padre, che l’ha reso un combattente forse triste, sicuramente compassato e comunque vincente.
Però se vogliamo analizzare Mourinho nel quadro Roma, non si può non tornare al ’10, quando Mou lanciava il suo anatema contro la Roma con il famoso discorso dei “zero tituli”. Anatema che ci insegue da 11 anni (13 considerando che l’ultimo trofeo è la Coppa Italia dello ’08) e ricordato spesso dai nostri rivali (in particolare i laziali). Una maledizione che ci perseguita come l’occhio di Sauron (sempre riprendendo le analogie con il Signore degli Anelli), sempre perseguitati e controllati, ma se mettiamo una montagna davanti a quell’occhio, può diventare un sol dell’avvenire. Come ricordava una vecchia frase di Jim Morrison: non c’è notte così lunga da impedire al sole di risorgere. Sarebbe la chiusura del circolo più giusta con lo iettatore che diventa eroe per le vittime, fa trionfare proprio chi ha maledetto e riottiene la gloria scappata da lui e spesso fugace.
Ma come insegna Goldrake: Non cantare vittoria prima del tempo, principe Kentah. Troveremo la strada per il trofeo? Dipende da molti fattori. Dipende dalla nostra mentalità. Dobbiamo ragionare passo per passo. Partita per partita, Mai come quest’anno ce la possiamo fare. Daje Roma!
Giordano Sepi