E’ giusto?

When they see us è una miniserie di Netflix di 4 puntate da un’ora circa ciascuna. Parla del caso della jogger di Central Park. Un caso di stupro in cui 5 adolescenti neri vennero accusati e condannati (falsamente) di stupro e costretti a confessare ciò che effettivamente non avevano fatto. All’epoca ci fu una grande campagna d’opinione razzista, di cui fu protagonista anche Donald Trump, contro questi giovani. Passarono la loro adolescenza in carcere. Solo dopo qualche decennio venne riconosciuta la loro innocenza e vennero rimborsati dal bravo sindaco di N.Y., Bill De Blasio.

La domanda più ricorrente e che più mi ha colpito è: è giusto?. E’ una domanda che gli accusati e gli avvocati fanno varie volte e ricevono sempre risposte che tendono a negare l’importanza del tema e a sottolineare la falsità della questione. Come se ciò che è giusto rientri in un ambito soggettivo e non oggettivo (come mi ha risposto il mio amico psicologo, David). Questo rientra nell’ideologia imperante nel ‘900 che il concetto di giusto e di verità siano plurali, come insegnavano anche i grandi maestri: Pirandello e Pasolini .

In realtà ciò che è giusto è oggettivo e unico come è oggettiva e unica la Verità. Poi le condizioni psicologiche, le convenienze e i fattori possono essere diverse perché la percezione può essere diversa ma ciò che ci accade, ciò che facciamo, ciò che ci succede è singolo, è oggettivo. Come è singola e oggettiva la giustizia. Come è singola e oggettiva la Verità.

Chi ridarà l’adolescenza a Antwhorne, Cory, Kevin, Jusuf e Raymond rubata dal DPNY, dagli investigatori e dal prosecutor Lelander? Nessuno. Ogni puntata è una coltellata e non ripaga abbastanza il fatto che anni dopo sia stata riconosciuta la Verità e una somma di denaro ai 5 non più adolescenti, ma uomini.

Questo è il tema che più mi ha colpito, ma il tema preponderante del film è il razzismo, molto importante in questo momento negli USA per l’omicidio di George Floyd da parte della polizia. La protesta è molto forte (ha la forza della ragione direbbe Abraham Lincoln) e la sua forza è proprio data dal fatto che vicino a tanti neri pieni di rabbia, ci siano tanti bianchi, perlopiù giovani, che hanno il senso della giustizia e vogliono che la giustizia sia riconosciuta a quest’uomo e a tutti gli altri neri.

Questo è molto importante anche per noi italiani e per il resto del mondo. Il razzismo non lo devono combattere solo i neri. Il razzismo non è stato sconfitto dal pugno nero di Tommie Smith e John Carlos, ma da Peter Norman, l’atleta australiano, che si è messo una spilla antirazzista durante quell’atto che ha cambiato la storia.

Il razzismo lo subiscono i neri, ma la battaglia contro il razzismo la dobbiamo combattere in prima linea noi bianchi o almeno quei bianchi che hanno l’intelligenza di capire che non esiste diversità di razza, che abbiano la sensibilità di capire che siamo tutti uguali e che è giusto così.

Viviamo in un mondo ingiusto, in un paese ingiusto. Anche il calcio è ingiusto. Ho più volte affermato, portando anche prove, che il calcio si gioca più nei palazzi che in campo: è giusto? No. E’ giusto che, come ho scritto oggi, la FCA goda di un prestito da 6,3 mld garantiti dall’Italia, nonostante abbiano la sede fiscale in Olanda e quindi i nostri soldi (I NOSTRI SOLDI) probabilmente finiranno anche nelle casse olandesi? Quindi ad un paese che ha posizioni politiche in Europa diametralmente opposte a quelle dell’Italia? E’ giusto che per questo Corsera, Repubblica e Stampa hanno fatto una campagna contro il governo? Anche tenendo conto del fatto che la FCA ha molte fabbriche in Italia, crea PIL e dà lavoro a molti italiani, non si può almeno mettere la condizione di riportare la sede fiscale in Italia? E’ giusto che si veda più facilmente un arbitro fischiare un rigore a favore di Juve e Lazio piuttosto che contro? E questo perché i dirigenti di queste due squadre lavorano fuori scena? E’ giusto?

No, non è giusto e probabilmente questa pausa non ci ha aiutato a migliorare, come ingenuamente speravo. Sicuramente vedremo sempre le solite favorite da decisioni arbitrali. Sicuramente non avremo giustizia. Probabilmente nemmeno gli americani riusciranno a mettere fuorigioco il razzismo, nonostante le vibranti proteste di questi giorni. Ci vorranno decenni per noi. Ci vorranno decenni per loro. Non servono rivoluzioni. Serve un’ampia, a lungo termine, azione riformista che possa cambiare l’Italia (anche in ambito calcistico), gli USA (anche sul tema del razzismo) e tutto il resto del mondo. Il senso di giustizia che abbiamo, che “When they see us” risveglia, che l’omicidio di George Floyd ha risvegliato, ha fame e tra qualche anno saremo saziati. L’importante è ricordarsi quello che disse Ernesto Che Guevara ai figli “Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel profondo di voi stessi ogni ingiustizia, commessa contro chiunque, in qualsiasi parte del mondo”.

Daje Roma!

Giordano Sepi

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

it_ITItalian