Milan-Roma 0-1. Udinese. L’anima di un club.

Non sono ancora convinto che a Milano la Roma abbia espresso tutte le sue potenzialità, anche se nel prepartita puntavo al pareggio e poi siamo riusciti a vincere a San Siro grazie al gol del nostro guerriero, Gianluca Mancini, su corner di Dybala.

E’ stata una partita difficile. Il Milan ha giocato molto bene e ci ha messo spesso alle corde. Non credo razionalmente alla narrazione di alcuni tifosi milanisti che parlano di squadra di pippe e di allenatore mediocre. Pioli è un ottimo allenatore. Leao è un fuoriclasse.

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La Roma a Milano ha schierato un inedito 442 con Pellegrini ala sinistra e ElSha ala destra a dare una mano a Celik nella fase difensiva sulla coppia del tecnico Leao e dello scorbutico Theo Hernandez. La fase difensiva, su cui ha lavorato tanto Mourinho, a cui va dato questo merito, è stata perfetta, poi però la Roma non si limitava alla difesa a oltranza, ma partiva in contropiede ( e questa è un’aggiunta di DDR), spesso mettendo paura al nobile avversario.

Forse abbiamo avuto anche qualche chance per ucciderli, ma possiamo essere comunque temporaneamente contenti del risultato dell’andata.

E’ ovvio che non possiamo ora cantare la nostra gloria, visto che loro sono comunque fortissimi, con 3/4 individualità molto pregiate e arriveranno assatanati all’Olimpico, ma parleremo dopo la sfida di Udine più approfonditamente di come preparare il ritorno. Adesso affronteremo una storica protagonista della Serie A come l’Udinese. Un club che ha un’anima come tutte, come la nostra Roma.

Una delle nostre caratteristiche è darci troppo presto per sconfitti o per vittoriosi, non affrontando con la giusta motivazione il match. Deve essere stato l’atteggiamento del pre-andata dei milanisti. I tifosi già parlavano di semifinale e finale. Adesso però l’effetto sorpresa è svanito e dovremo essere noi a non sottovalutare il fortissimo avversario.

Quando la razionalità dell’Illuminismo vide nascere quel figlio irrequieto e poeta che era il Romanticismo, nacque il concetto di Volksgeist, ossia spirito del popolo, poi traslato in spirito della nazione. Anch’io sono convinto che c’è un’anima dell’Italia come dell’Israele, dell’Ucraina, della Russia e della Palestina. Un’anima della nazione che è l’anima del suo popolo. Poi quest’anima spesso si ammala e il popolo crede nella guerra dei politici, ma un popolo sano, uno spirito della Nazione sano, non può non volere la Pace.

Anche i club hanno uno spirito. Anche la Roma. Noi ad esempio siamo sempre stati generosi e propositivi. Capaci di passare in vantaggio e di sconfiggere avversari anche tanto forti e poi di subire gol stupidi magari dalla Civitanovese. Mourinho l’aveva capito e lavorava tanto sulla fase difensiva fino a snaturare quello che è storicamente la Roma, portando dissenso dal tifoso romanista che ha una tendenza allo spettacolo e non avendo più risultati sufficienti.

Discorso simmetricamente opposto potremmo farlo per la Lazio, che ha sempre avuto nella difesa il punto di forza e che Sarri aveva snaturato troppo con il pressing e il gioco d’attacco che è il suo credo.

Prima che Luciano Spalletti approdasse alla sua prima avventura alla Roma, con cui vinse due Coppa Italia e una Supercoppa Italiana, sorprese tutti, portando l’Udinese in Champions. All’epoca mi sorprese molto lo schieramento che si può sintetizzare con il 361, ossia con 6 uomini a centrocampo. Ero abituato a vedere i reparti con un massimo di 5 uomini, tranne per l’Italia di Azeglio Vicini della semifinale sfortunata con l’Argentina nei Mondiali delle notti magiche del 1990. L’allenatore friulano, preso dalla paura e dalla vicinanza al traguardo, con l’Italia che vinceva 1-0, schierò 6 uomini in difesa. La squadra si abbassò troppo e subimmo il gol di Caniggia. Poi perdemmo ai rigori.

Come era possibile far giocare 6 uomini in una sola linea a centrocampo? In realtà i 6 uomini formavano una sorta di esagono con due mediani, due esterni che coprivano la fascia e due trequartisti. Se è vero, come credo, che ogni club ha un’anima che corrisponde a certi numeri e a certe tradizioni tattiche possiamo vedere come Cioffi, discendente di Spalletti, usa una tattica molto simile.

Difendono a uomo sui corner.

In costruzione si mettono col 31 con Walace playmaker principale.

In fase di pressing mettono una linea offensiva di 3.

Mentre in fase difensiva lo schieramento diventa un classico 532. Sono molto più forti in difesa che in attacco.

Sono bravi coi tiri da fuori, specialmente col mancino di Samardzic, che dal vertice alto dell’area, può anche crossare per Lucca. La punta centrale è forte specialmente di testa e nel gioco al volo.

Daje Roma!

Giordano Sepi

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